In Italia l’ecommerce cresce ancora: ora vale 71 miliardi di euro

Il settore, ha contribuito per il 40,6% alla crescita di fatturato totale delle attività economiche nel quinquennio 2016-2020 in Italia

Stiamo vivendo un periodo di profonda trasformazione per il commercio:

le aziende e i marchi, il commercio al dettaglio, poco proiettati verso il futuro digitale, hanno dovuto adattarsi rapidamente per non soccombere, mentre gli innovatori hanno colto la grande opportunità offerta da tutte le sfide presentate dalla crisi pandemica per sperimentare e proporre nuove soluzioni.L’e-commerce è diventato protagonista anche del quotidiano e l’integrazione fra online e offline è sempre più concreta.

C’è stato chi ha chiuso o rallentato la propria attività online per poi ripartire con nuove modalità di vendita, chi ha potenziato il proprio servizio grazie a nuove partnership, chi si è avvicinato per la prima volta al commercio online. Da questo scenario, già durante i vari lockdown, sono derivati cambiamenti che potrebbero condurre ad una nuova era per l’e-commerce B2c (business to consumer) nel nostro paese.Tra pandemia e guerra in Europa, emerge un dato netto e incontrovertibile: l’e-commerce e la filiera ad esso associata si confermano un comparto fondamentale per la crescita del sistema-Italia.


La rete del valore dell’e-commerce e del digital retail (vendita al dettaglio e le innovazioni digitali di prodotto) si posiziona al primo posto tra le 99 attività economiche italiane per incidenza sul fatturato complessivo del settore privato, passando dall’1,2% a 2,1% tra 2016 e 2020. Secondo la riclassificazione dei dati di bilancio disponibili più aggiornati, in questi cinque anni il contributo del comparto al fatturato del totale delle attività economiche italiane del settore privato è salito al 40,6%.
  
Per ogni 100 euro investiti nella rete del valore dell’e-commerce e del digital retail se ne generano altri 148 nel resto dell’economia. Secondo quanto indicano i dati raccolti dalla seconda edizione dello studio condotto da Netcomm in collaborazione con The European House – Ambrosetti dal titolo “Il ruolo e il contributo dell’e-commerce e del digital retail alla crescita dell’Italia”, si stima che nel 2021 la crescita di questa filiera sia del  +4,4% rispetto al 2020, attestandosi a quasi 71 miliardi di euro di fatturato complessivo contro i 68 miliardi del 2020.

Il moltiplicatore economico della filiera dell’e-commerce e del digital retail è pari a 2,48: questo significa che per ogni 100 euro investiti nella filiera estesa dell’e-commerce e del digital retail in Italia se ne generano ulteriori 148 nel resto dell’economia. Positivo in termini di impatto è anche il moltiplicatore in termini occupazionali: per ogni 100 unità di lavoro generate in modo diretto dalle attività dell’e-commerce e del digital retail, si attivano ulteriori 141 unità di lavoro.
 
Nessun divario tra nord e sud: le imprese che lavorano in questa filiera sono equamente distribuite sul territorio italiano.Una volta tanto non si rilevano grandi differenze a livello geografico, infatti le imprese che lavorano in questa filiera sono equamente distribuite sul territorio italiano, ma più della metà del fatturato proviene dal Nord-Ovest (51,1%, con un importante contributo offerto dalla Lombardia).

Tra i sotto-settori, emerge il ruolo di traino esercitato dalla logistica, che ha conosciuto una fase di ripresa durante la pandemia, la cui crescita (CAGR, ovvero tasso di crescita annuale composto) si attesta al +13,7% medio annuo in termini di fatturato.
  
Nuova integrazione fra commercio on-line e commercio “fisico”. Da indagini di mercato condotte da Netcomm presso le imprese è emerso come la vendita online abbia permesso agli operatori di avere un rapporto diretto con la clientela (per un quarto dei rispondenti attivi nel canale B2B (business-to-business) e per il 22% attivo nel canale B2C, ovvero business to consumer) e di offrire un’esperienza più completa e soddisfacente (soprattutto in chiave multicanale nel segmento B2C).

In questo contesto, per 1 operatore su 5 l’ingresso nel canale online ha permesso di ridurre i costi di gestione dell’ordine, mentre solo per una minima parte dei rispondenti (10% nel B2B, 6,4% nel B2C) ha implicato un ridimensionamento della rete fisica retail, ovvero del commercio in presenza, a conferma della convivenza e del mutuo supporto tra segmento online e offline.
  
Investimenti futuri
Passando agli investimenti futuri, per le imprese coinvolte nell’indagine di mercato Netcomm, gli ambiti principali su cui si dovrà investire sono quelli connessi al mondo della vendita on line.


Al primo posto l’investimento nel digital marketing, prima voce sia per il canale B2B (38,5% del panel) sia per il canale B2C (23,9% del panel). Seguono al secondo posto gli investimenti per il miglioramento della user experience, in particolare il sito di e-commerce (23,1% del panel B2B, 22,9% per il B2C). Al terzo posto l’incremento della presenza su marketplace per il B2B (15,4%), mentre per le imprese B2C l’incremento del team dedicato al canale e-commerce (22,2%).
La rete del valore del commercio digitale è molto di più che un “trend passeggero”: stiamo parlando di una filiera concreta e tangibile che fa crescere la nostra economia più di tutte le altre.

Quello del digital retail è un comparto che occupa ormai più di 300 mila lavoratori nel nostro Paese, ed è diventato determinante per l’economia italiana, nonché strettamente correlato alla necessità di disporre di figure professionali che possano agire in questo settore abilitante per la valorizzazione del Made in Italy e per l’export. 

I numeri presentati dallo studio Netcomm dimostrano che si tratta di un settore in fase di consolidamento, legato al raggiungimento di economie di scala che ne favoriscano lo sviluppo. Ma, in questo scenario, le imprese non devono dimenticare che i consumatori digitali italiani sono più di un terzo della popolazione italiana e sono destinati a crescere.

È dunque compito delle istituzioni e degli attori che operano in questo mercato lavorare in ottica di collaborazione per consentire anche alle piccole e medie imprese del nostro Paese di essere competitive anche sul piano internazionale. Oltre ad essere una grande opportunità per l’internazionalizzazione delle produzioni del Made in Italy, il settore rappresenta un’opportunità anche per la creazione di valore per l’Italia.

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