<strong>Luisa Spagnoli “regina Mida” del 900.<br>Ritratto di un’ imprenditrice</strong>

La storia è nota, soprattutto in Umbria, soprattutto a Perugia. Ma l’eccezionalità della figura e del destino di Luisa Spagnoli, nata nel XIX secolo, ma così decisamente proiettata nella modernità, protagonista dello sviluppo industriale della sua regione ed esempio per mille altre figure di piccole e grandi imprenditrici, offre lo spunto, per un racconto, crediamo interessante.

Luisa era nata Sargentini nel 1877 e il fatto che sia ricordata da tutti col cognome del marito ci riporta alla condizione subalterna della donna tipica dell’epoca in cui visse.
Anche se, si potrebbe osservare, come nella coppia costituita da Luisa e dal marito Annibale Spagnoli, la fama della prima fu tale, in vita ma più ancora dopo la sua scomparsa, che la figura del coniuge, cognome a parte, ne venne quasi del tutto oscurata.

Annibale e Luisa erano titolari dal 1901 di una piccola impresa familiare nel cuore di Perugia, in via Alessi. Tanta creatività, spirito di sacrificio; produssero confetti, ma l’attività soffriva di croniche ristrettezze economiche da cui viene riscattata dalla società con Buitoni, Ascoli e Andreani nel 1907. È questa la data di nascita della Perugina, che in breve tempo diverrà un’azienda forte e affermata ben oltre i confini della città e della regione.
 
Annibale si separò dalla moglie ormai sentimentalmente legata al giovane e brillante Giovanni Buitoni, figlio di Francesco, socio fondatore della Perugina, che sarà imprenditore di talento e anche podestà di Perugia. Annibale e Luisa, semplificando al massimo, erano i “tecnici”. Se ai Buitoni va quindi il merito del risanamento finanziario, delle scelte strategiche e anche di aver percorso vie nuove e talora pionieristiche del fare impresa – Buitoni fu il primo ad usare sistematicamente l’arma della pubblicità e delle sponsorizzazioni – meriti tutti abbondantemente riconosciuti, bisogna completare il discorso sottolineando l’apporto fondamentale degli Spagnoli all’interno della Perugina stessa: la gestione e l’organizzazione del lavoro in fabbrica, che svolsero da soli fino al 1917 e prevalentemente almeno fino al 1923 – senza dimenticare l’opera di Luisa fino al 1935, anno della sua morte, e del figlio Mario, per vent’anni geniale direttore tecnico dell’azienda.



Ma dopo quella della fondazione della Perugina, c’è una seconda grande scommessa vinta da Luisa, ormai senza Annibale, ma con al fianco il primogenito Mario, suo degno continuatore, ovvero la creazione del marchio dell’abbigliamento che porta tuttora il nome di chi la fondò.

Già quando esisteva la sola Perugina, Luisa aveva dimostrato il proprio valore. Scrive Giovanni Buitoni nel suo libro di memorie: “Luisa aveva una mente brillante che sapeva abbracciare tutti i complessi problemi dell’azienda: era molto apprezzata ed amata dal personale”. Citazione di poche righe in cui però ritroviamo tutti gli ingredienti della grandezza di questa imprenditrice: la sua visione globale, la capacità di gestire la complessità dell’attività dell’impresa – un’impresa che già occupava un posto di tutto rispetto nel comparto dolciario pur essendo arrivata dopo rispetto a parecchi marchi storici del nord Italia; e ancora l’attenzione verso operai e dipendenti, una delle componenti essenziali del mito di Luisa Spagnoli.

Con lo scoppio della prima Guerra Mondiale moltissimi uomini sono richiamati al fronte, e fra questi Luigi, Bruno e Marco Buitoni, seguiti dallo stesso Giovanni nel 1917, dopo il conseguimento della laurea. Luisa restò sola al timone dell’azienda, ed era un fatto assolutamente insolito vedere una donna alla guida di un’impresa delle dimensioni della Perugina, quasi un secolo fa, quando le donne non avevano certo occasione di farsi valere, essendo loro preclusi, salvo rarissime eccezioni, i ruoli dirigenziali.

A Fontivegge c’era da sostituire i vuoti tra le maestranze con personale femminile, c’era da fare i conti con le difficoltà di procurarsi pezzi di ricambio dei macchinari e di approvvigionarsi di materie prime. Non dimentichiamo poi che Luisa aveva tre figli, Mario, Armando e Aldo, i quali, per gran parte della loro adolescenza, vennero affidati alle cure della cognata di Luisa, Carmela, che viveva ad Assisi, la città da cui provenivano gli Spagnoli.

Dunque Luisa doveva fare i conti con un problema che riguarderà molte italiane delle generazioni future: conciliare il ruolo materno con le responsabilità legate alla sua attività imprenditoriale; un lavoro che la appassiona e che la assorbe quasi totalmente, a cui si dedica con tenacia, passando di successo in successo.

Il suo compito in azienda è quello di direttrice dei reparti lavorazioni e confezioni di lusso; compito senz’altro confacente alle sue caratteristiche anche se, e va sottolineato, Luisa si distingueva soprattutto per la sua capacità di inventare cioccolatini e specialità di successo, grazie al suo eccezionale palato – e qui è d’obbligo citare il Bacio, che non ha bisogno di presentazioni e che ha compiuto nel 2022 cento anni.



Ma c’è un altro aspetto di Luisa dirigente d’impresa che non va dimenticato: la sollecitudine per il benessere dei dipendenti, testimoniata, per citare un esempio significativo, dalla istituzione di un “nido materno” all’interno dello stabilimento di Fontivegge – in realtà si trattava di una sala destinata all’allattamento dei figli delle operaie – nel 1927.
Esso andava ad affiancarsi ad una “scuola del buon governo della casa”, dove una certa signorina Mancinetti forniva alle operaie consigli pratici sull’igiene della casa e sull’allevamento dei bambini. erano state le volontà della stessa Luisa.

 Curiosa è la  nascita dell’azienda dell’abbigliamento tuttora esistente e prospera, nascita che si fa risalire appunto a una sua intuizione. Tutto prese le mosse da un hobby, giacché Luisa, che amava rilassarsi curando le piante del suo giardino, ma anche allevare animali di vario genere, dalle nutrie a pecore e capre di specie esotiche, sul finire degli anni Venti pensò di tentare l’allevamento dei conigli d’angora, cominciando a selezionare esemplari adatti ad una possibile produzione di lana e quindi di capi di prestigio.


 Le chiavi del successo in questa nuova avventura furono sostanzialmente due. Da una parte i pazienti esperimenti: dalla selezione degli esemplari alla ricerca della giusta miscela tra pelo di animali giovani, adulti e intermedi, fino alla scelta del metodo di raccolta della lana, ovvero la pettinatura periodica al posto della tosatura com’era in voga soprattutto nei paesi anglosassoni. Dall’altra la valorizzazione dell’abilità delle donne umbre nell’uso del filarello, vale a dire l’arcolaio, antico strumento della tradizione, che verrà utilizzato sin dai primi esperimenti condotti a Santa Lucia, cioè a casa di Luisa, nel laboratorio domestico che vide all’opera sei o sette operaie “prestate” dalla Perugina.

Nel suo manuale L’allevamento e la lana del coniglio d’angora Mario Spagnoli racconta questi primi passi dell’azienda di famiglia. E ci dice che, per valutare la bontà del risultato di questi esperimenti, sua madre volle presentare in alcuni negozi di mode i primi indumenti realizzati in lana di coniglio angora.

Luisa era donna forte e volitiva, dotata di notevole senso pratico, a volte burbera, ma capace di improvvisi slanci di generosità. Al tempo stesso moderna nella sua visione pragmatica delle cose e nella sua non comune capacità organizzativa e antica nel suo essere detentrice di un sapere tradizionale. Donna di estrazione popolare, non si integrò mai pienamente nella vita sociale della classe alta perugina, in un’epoca in cui i nobili legavano poco con i borghesi emergenti. E poi, elemento non trascurabile, si sentiva criticata a causa della relazione con un uomo di quattordici anni più giovane, e questo dovette costituire per lei anche causa di sofferenza.

A farne un mito, oltre all’omaggio devoto che sempre le tributò il figlio Mario, il quale ne consolidò la fama con gli scritti e mediante il successo stesso dell’azienda, contribuì proprio l’identificazione tra Luisa e le sue dolci creazioni: dal già citato Bacio alla tavoletta che porta il suo nome. Regalate durante le feste dedicate ai poveri, che non potevano permettersele, queste squisitezze di lusso dovevano alimentare nei beneficiati la favola della “fata” buona che entrava nelle case per portare un momento di felicità. Luisa Spagnoli è stata: un’autentica pioniera, celebrata per la creatività e per lo spirito imprenditoriale, il cui valore risulta ingigantito se lo si rapporta al contesto socio-economico e produttivo sostanzialmente arretrato dell’Umbria di prima della guerra.

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