In Italia in 10 anni spariti 100mila negozi. Crollano le librerie, aumentano le farmacie

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L’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio “Demografia d’impresa nelle città italiane” fotografa la situazione nel nostro Paese. Tra il 2012 e il 2022 sparite oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante. In crescita alberghi, bar, ristoranti. È cresciuta anche la presenza straniera nel commercio, come numero di imprese e come occupati. Nei centri storici calano le attività tradizionali e crescono i servizi. Sale il rischio di desertificazione commerciale delle città


Un cartello con la scritta Ònegozio chiusoÓ in via del Corso, durante lÕemergenza covid-19. 29 giugno 2020 
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

In 10 anni, tra il 2012 e il 2022, in Italia sono spariti oltre 100mila negozi. Emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio “Demografia d’impresa nelle città italiane”. In particolare, si legge nel rapporto, sono sparite oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante. In crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275). È cresciuta anche la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila) sia come occupati (+107mila), e si sono ridotte le attività e gli occupati italiani (-138mila e -148mila)

Una libreria e una farmacia

Analizzando 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica sono più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune. Il Sud ha una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord. Nei centri storici, poi, cambia il tessuto commerciale. Ci sono sempre meno negozi di beni tradizionali: libri e giocattoli -31,5%; mobili e ferramenta -30,5%; abbigliamento -21,8%. E ci sono sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%; computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%)

Il centro di Roma ancora deserto per la pandemia da Covid-19, nella foto un negozio chiuso, Roma, 21 gennaio 2021. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Nel rapporto si parla anche del rischio di desertificazione commerciale delle nostre città, alimentato dalla modificazione e riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa: negli ultimi 10 anni, nei comuni la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). “Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno – dice Confcommercio –, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta”

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, durante il suo intervento all'assemblea annuale dell'organizzazione, Roma, 08 giugno 2022.  ANSA / Claudio Peri

Inoltre, spiega Confcommercio, “rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online, che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1 miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio ‘fisico’ tradizionale”

Mascherine all'aperto e nei negozi, in centro a Torino, 30 dicembre 2021 ANSA/JESSICA PASQUALON

In tutto le attività considerate oggi sono poco meno di 884mila: questa cifra è la somma di dettaglio in sede fissa, ambulanti, alberghi e pubblici esercizi, più le altre attività di commercio al di fuori dai negozi. Secondo l’analisi, sia per l’Italia sia per le 120 città, il tessuto produttivo e commerciale ha tenuto bene durante la pandemia e le fasi più difficili della crisi energetica. Tuttavia, la perdita di tessuto commerciale in sede fissa è stata importante

La serranda di un negozio chiusa dopo le nuove normative varate dal Governo per combattere la pandemia di Covid-19 coronavirus. Genova, 12 Marzo 2020.
ANSA/LUCA ZENNARO

Come emerge dal rapporto, tra il 2019 e il 2022 in Italia c’è stata una riduzione del numero di punti di vendita del 4%, valore che per gli ambulanti arriva al 9,8%. Per alberghi, bar e ristoranti il calo è stato del 2%. Considerando le 120 città, sempre nel periodo 2019/2022, la riduzione è del 3,9 per il commercio al dettaglio in sede fissa, 9,1% per il commercio ambulante e 1,8% per alberghi, bar e ristoranti

Rispetto al 2012, invece, le perdite oggi valgono quasi 100mila unità per il dettaglio in sede fissa, di cui circa un quarto nelle 120 città considerate. Guardando alle percentuali, tra il 2012 e il 2022 in Italia la riduzione è stata del 18% per il commercio al dettaglio in sede fissa, 17,1% per il commercio ambulante. In crescita del 3,2% alberghi, bar e ristoranti. Considerando le 120 città, abbiamo un calo del 18,3% per il commercio al dettaglio in sede fissa, 18,8% per il commercio ambulante. In crescita del 6,6% alberghi, bar e ristoranti

Serena Cavalliere, co-titolare del ristorante "I maestri della tavola bistrot 77", locale che ha aderito all'iniziativa di protesta Io apro 1501 , espone un cartello con la scrittta aperto davamti all'entratat del ristorante,Milano, 15 gennaio 2020.Il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi travolge a valanga interi settori dell'agroalimentare Made in Italy con vino e cibi invenduti per un valore stimato in 9,6 miliardi nel 2020. Lo fa sapere la Coldiretti, sulle conseguenze delle chiusure e delle limitazioni imposte alla ristorazione per l'emergenza Covid contro le quali è scattata la protesta #Ioapro. Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

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Un negozio cinese nella zona di via Sarpi, 3 ottobre 2016. Ansa/Daniel Dal Zennaro

La crescita delle attività di alloggio e ristorazione non compensa le riduzioni del commercio, ma modifica in misura rilevante le caratteristiche dell’offerta nelle città e nell’economia in generale. Complessivamente, la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione”, dice Confcommercio

Nel rapporto c’è anche un focus sulla demografia d’impresa, e la correlata dinamica occupazionale, per cittadinanza del titolare. Nel complesso, in termini di imprese registrate, alla riduzione di quelle italiane si contrappone – in misura quasi completamente compensativa – la crescita delle imprese gestite da titolari stranieri. Nel commercio la perdita di numerosità di imprese italiane è solo parzialmente recuperata attraverso la crescita delle attività straniere, che oggi ammontano al 14,4% del totale

Dai dati emerge che il commercio, soprattutto al dettaglio, svolge un ruolo importante nell’offrire opportunità occupazionali per gli stranieri, “la porta principale per la loro integrazione nella società italiana”, dice Confcommercio. Anche per l’occupazione totale, la crescita decennale è quasi tutta dovuta a cittadini stranieri. Ancora più evidente, spiega l’analisi, risulta il fenomeno nell’ambito del commercio e degli alberghi e pubblici esercizi

Piazza della Meridiana dove una donna e' stata soccorsa dopo una presunta violenza subita in una casa di via Pre nel centro storico della citta', Genova, 01 febbraio 2023. 
ANSA/LUCA ZENNARO

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L’analisi presenta poi un approfondimento sulla demografia d’impresa nei centri storicirispetto al resto del comune, dal quale emergono “dinamiche eterogenee tra queste zonizzazioni e tra città del Centro-Nord e del Mezzogiorno”. Nel lungo periodo appaiono più accentuate tanto le perdite dei centri storici per i negozi e gli ambulanti, quanto la crescita dell’offerta turistica. Il Sud è caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale. Tanto maggiore, da suggerire qualche caratteristica di disordine nel processo di sviluppo e cambiamento dell’offerta

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Rispetto al pre-pandemia, nel periodo 2019-2022 l’offerta di attività si è ridotta quasi ovunque e quasi per ogni settore. Le grandi crescite dei servizi turistici al Sud sono trainate dalle “altre forme di alloggio”. Per la ristorazione, i dati indicano una migrazione dal bar tradizionale al bar con somministrazione, per contrastare la crisi anche attraverso modifiche del codice di attività. Ma emerge un processo di razionalizzazione dell’offerta anche nel settore dei bar, specie al Centro-Nord: il calo dei bar non risulta compensato dalla crescita di ristoranti

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Guardiamo ora i negozi nei centri storici delle 120 città. Il primo gruppo (primi 4 grafici) è formato da settori ormai essenziali in termini di servizio e consumi di base e va dagli alimentari alla telefonia: il calo del numero di negozi è esiguo oppure c’è una crescita. Nel secondo gruppo (seconda riga) ci sono settori in forte riduzione, che una volta facevano parte dei connotati delle città: dai mobili ai carburanti, quest’offerta si è allontanata dai centri. I primi otto settori perdono il 19,4% in termini di numerosità dei punti di vendita nei centri storici

Il mercato di via Crema durante la zona rossa a Milano, 9 aprile 2021.ANSA/Mourad Balti Touati

Un gruppo a sé è costituito dall’ambulantato – spiega Confcommercio – che svolge una funzione fondamentale complementare all’offerta commerciale in sede fissa. Il processo di razionalizzazione, oltre a quello derivante dalla perdita di domanda, in parte sostituita dalle vendite online, è ben visibile dalla riduzione delle licenze di quasi il 20% nel decennio 2012-2022”. Il quarto gruppo è costituito dalle attività di alloggio e ristorazione, che nel complesso sono in crescita in numerica

Bar chiusi e viavai di persone a Trieste nel primo giorno  del Friuli Venezia Giuli in zona arancione

Il ruolo del turismo è sottovalutato, nella sua capacità di generare valore aggiunto”, aggiunge Confcommercio. Per chiarirlo, basta osservare il cosiddetto “rischio di desertificazione commerciale” e approfondire il tema della densità commerciale. Escludendo dal computo farmacie e tabaccherie, che sono soggette ad autorizzazioni, e accorpando centro e periferia, tra il 2012 e il 2022 la riduzione della numerosità di punti di vendita del commercio così definito è più ampia del riferimento generico: -20,5% rispetto a -18,3%

A fronte di questa riduzione, la popolazione residente – che ne costituisce il prevalente bacino di utenza – si è ridotta dell’1,7%, sempre nei dieci anni considerati (-236mila abitanti circa, di cui la maggior parte esce dalle città nell’ultimo triennio). Pertanto, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti nei dieci anni considerati, un processo di riduzione di offerta commerciale che – secondo Confcommercio – autorizza a paventare un vero e proprio rischio di desertificazione

Fonte https://tg24.sky.it/economia/2023/02/27/negozi-chiusure-italia#16

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1 Comment
  1. Desertificazione “commerciale” nelle nostre città, e più approfonditamente nel nostro tessuto sociale, mi porta a considerare una mera desertificazione morale prima di ogni altra cosa.
    Ci spingiamo ora, e solo ora, a parlare di desertificazione commerciale perché le grandi città sono appunto “Grandi”, e ciò che accade in esse e per esse è visibile all’occhio incerto del “superficiale”!!!!
    Classico atteggiamento tutto italiano, prima lasciamo scappare i buoi dal recinto e poi cerchiamo di comprendere come riparare il recinto.
    Purtroppo l’abbandono delle “pmi” italiane parte dai piccoli centri, e non da ora.
    L’esodo del “popolo” per cercare “ricchezza” risale oramai a diversi decenni fa!
    Abbiamo reso fantasma una nazione ricca di storia, di arte e del tessuto sociale “capace”, quello delle aziende a carattere familiare. Aziende portate avanti con onore e tradizione da piccole famiglie e piccole realtà che hanno reso grande questo Paese, il nostro “Bel Paese”, da sempre, e dico: da sempre, capace di rialzarsi dopo disastri indicibili.
    Che siano stati disastri naturali o voluti dalla mano dell’uomo, gli italiani hanno sempre saputo e voluto rialzarsi!
    Ho viaggiato da sempre per lavoro, a volte anche per diletto. Nei miei viaggi, la prima cosa che notavo, giorno dopo giorno era lo spegnersi di una nazione vitale. Cartelli divelti dalle intemperie su facciate sbiadite da un tempo non identificabile, con scritto “affittasi”, “cedesi” o “vendesi” attività!
    Quale attività? Sogni spenti di persone che con volontà e abnegazione per anni hanno saltato feste, ferie, giornate all’aria aperta, per seguire con attenzione quel Sogno che alla fine si è spento prima del suo evolvere naturale.
    Se solo fossimo stati più attenti! Attenti a ciò che ci accadeva intorno, attenti a salvare il Sogno di un’intera Nazione!
    E invece abbiamo delegato! Delegato e svenduto ogni cosa avesse reso grande questo piccolo stivale che si regge su uno specchio d’acqua ambito da tutti, e sin dalla notte dei tempi!
    Abbiamo bisogno, necessità, di persone che non abbiano paura della fatica, di perdere una gita in barca, di rinunciare a una vacanza al mare, perché le grandi “battaglie o rivoluzioni” non cedono tempo al qualunquismo.
    Abbiamo bisogno di riportare i Sogni nelle mani di chi li ha creati, e di chi vuole crearli! Abbiamo bisogno di appropriarci nuovamente della nostra Storia, della nostra Arte, della nostra Cultura!
    L’unione di persone che vogliono questo esiste! E a dire il vero ne esistono diverse, che siano a livello sociale, economico e politico.
    Auspico che queste, per ora piccole, isole distanti tra loro, possano presto lambirsi, per poi coordinare una nuova rinascita da questo medio-evo moderno, e che sta durando davvero troppo a lungo.
    Le parole e le intenzioni non possono e non devono restare tali, l’azione di più persone consapevoli deve essere focalizzata a un cambiamento radicale. Ricordiamoci sempre perché la mattina ci svegliamo, ringraziamo e facciamo in modo di realizzarlo questo cambiamento! Parafrasando Pio VII: “possiamo perché vogliamo e quindi dobbiamo!”.
    Anna Maria Tomei

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